Nel 1610 fu bruciato vivo a Tolosa dalla Santa Inquisizione. Una storia assai cruenta quella della “fine” del passaggio terrestre di Giulio Cesare Vanini, taurisanese di nascita. Il rogo per Vanini fu allestito non prima delle torture e dello strappo della lingua. Ma, molto si può trovare della sua biografia negli studi del compianto Prof. Papuli della facoltà di Filosofia dell’Università di Lecce. Allora si chiamava Università di Lecce. Chi vuole comprendere Vanini dovrà imbattersi nello studio dell’Aristotelismo Padovano, nelle teorie del libertinismo erudito e nel periodo più vasto dell’homo novus. A volte, alcuni autori rappresentano una moda e Vanini oggi rappresenta questo trend.
Ciò non è male se si considera che a volte l’oblio è dietro l’angolo, quindi, ben vengano gli incontri, i dibattiti, gli studi ed i convegni sul tema. Vanini è assieme a Giordano Bruno uno dei punti di riferimento più alti per la libera muratoria. Infatti, un martire del libero pensiero come Vanini fu studiato e ampiamente inquadrato sul piano scientifico ed esoterico da Guido Porzio, dal Guido Porzio massone, anzitutto, come si evince dagli scritti del prof.Mario De Marco, mio padre.
Vanini ha avuto una fortuna filosofica alterna se si considera che alcuni grandi del Romanticismo lo considerarono “divino”, mentre altri lo valutarono negativamente. Vanini è il salentino eccellente nel mondo, il martire che custodiva gli “arcani” della natura. Già, la natura, la sua forza, i suoi messaggi, i suoi simboli e le sue infinite profondità. Studiare Vanini e anche ricordarlo è obbligatorio: arso e mai confutato può venire in soccorso coi suoi scritti a chi oggi è soggiogato dalle metafisiche, dalle virtualità del vano e dalla morte intellettuale ed interna.